La festa del territorio ofantino. La chiesetta di san Michele a Torre Petra non indica soltanto la nascita di Margherita di Savoia, ma anche le usanze delle due cittadine di Trinitapoli e San Ferdinando molto simili fra loro, in quanto prima del ‘700 i comuni non erano divisi come lo sono oggi. Le tradizioni sono la carta d’identità di un popolo e la festa che si celebra l’ultima domenica di settembre in onore del santo che secondo le agiografie sconfisse il diavolo, lo testimonia. I più anziani affermano che la messa celebrata davanti alla cappella di san Michele sia una delle poche tradizioni rimaste intatte nel tempo. Insomma, un viaggio nella memoria storica del territorio, quando gli operai della salina costruirono con tufi, cemento e legno una cappella, come le casette di campagna del posto, in cui svolgere le funzioni religiose, perchè lì vicino sorgeva il villaggio dei salinieri. «Una festa che unisce tutti gli agricoltori – afferma il parroco don Michele Schiavone -. Quest’anno vogliamo rivolgere una preghiera particolare a san Michele in onore dei nostri contadini che a cusa delle piogge abbondanti hanno perso i raccolti. Tutti insieme come famiglia, uniti con i nostri fratelli sanferdinandesi, casalini e barlettani, festeggiamo questa tradizione che deve vivere sempre di più».

Non è mancato nulla. Dopo la messa il battitore, come si faceva anni fa, ha assegnato all’asta il compito di portare la statua del santo in processione. Il procedimento è questo: un contadino, che ormai da tempo immemore ha questo compito, sale su un banchetto e raccolglie le offerte delle famiglie contadine che partecipano all’asta. Chi punta di più, vince. Quest’anno ha vinto la famiglia Daloiso con una puntata di 1.050 euro. E sono stati loro a portare a spalla la statua fino al ponte di foce Aloisa prima e verso zona Orno dopo, per benedire i campi e le saline, accompagnati da anziane signore che cantavano un inno composto da parole inventate al momento. Un vero testimone che i più grandi stanno passando alle nuove generazioni, con la speranza che l’area di Torre Petra non resti un posto abbandonato a sé.