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Un secolo e 1 anno. Francesco Paolo Pinto, Ciccillo per chi lo conosce da una vita, è un vero libro di storia vivente. Lucidissimo, come se ciò che racconta fosse accaduto giorni prima, invece si tratta di aneddoti risalenti magari agli anni ’30 o ’40. Margherita di Savoia non è nuova a esempi di cittadini centenari, figli di una generazione di ferro cresciuta fra gli arenili, le saline e il mare. Infatti è in buona compagnia di altri salinari che sono a ridosso dei 100 anni o addirittura sono di poco più grandi di lui. Classe 1917, con Maria Addolorata, l’amore della sua vita, ha messo al modo 5 figli che gli hanno dato ben 6 nipoti e già 3 pronipoti. Poi c’è Gina, figlia di sua sorella, che a 84 anni per lui resta sempre la sua “nipotina”. La giovinezza è stata segnata dall’arruolamento nella Regia Marina, ai tempi in cui l’italia era una monarchia retta dai Savoia e dal Fascismo. Nonno Ciccillo ricorda quando nel lontano 1938 prese servizio sull’incrociatore Giuseppe Garibaldi e quando per un soffio fu arruolato fra le guardie di Re Vittorio Emanuele III fuggito a Brindisi nel 1943 dopo la firma dell’armistizio fra Italia e Alleati. <Avevo già svolto 3 anni di servizio – ha affermato l’anziano – e stavo per congedarmi. Era il 1941 e la guerra era nel vivo. I miei superiori mi impedirono di tornare a casa perché servivano uomini per ingrossare le truppe. L’unico vantaggio che ebbi, se così si può chiamare, fu quello di essere trasferito a Bari, quindi vicino Margherita, come da me richiesto per via della morte di mia madre che mi fu comunicata via telegramma da mia sorella>. Un racconto che commuove, come lascia affascinati vedere la fermezza con cui racconta le sue storie. <L’anno successivo, nel 1943 – ha continuato – con l’arrivo del Re a Brindisi io e gli altri ragazzi fummo armati alla meglio, con i fucili e con ciò che restava, e fummo schierati a difesa di Vittorio Emanuele III nel caso in cui le truppe tedesche avessero sferrato un’offensiva nel Sud Italia>. Fra i suoi ricordi più nitidi dei tempi della Marina ce n’è un altro: <Ho visto da vicino Benito Mussolini – in quegli anni a capo del governo – una sola volta, durante una visita a Borgo Mezzanone nel 1934>.

Fino allo scorso anno, cioè quando ha tagliato il traguardo del primo secolo di vita, l’ultracentenario era solito andare in bicicletta, un tratto che lo caratterizzava in città. Poi ha smesso, non perché non avesse più forze per inforcare una bici, ma solo a causa di una caduta dal sellino. <Dopo la fine della guerra – ha concluso – ho svolto il mestiere del saliniere per mandare avanti la famiglia. Ero responsabile dell’impianto che all’epoca sorgeva a Torre Petra>. Adesso è circondato dell’affetto di una famiglia che col tempo è diventata sempre più grande, un ingrediente fondamentale nella ricetta di un’esistenza così longeva. Sicuramente nonno Ciccillo lo vedremo di nuovo in giro per la città, magari a bordo della sua bicicletta. Da lui un aneddoto e un sorriso li riceveremo sempre.