Due lettere, di fatto sono due richieste che in fondo chiedono una stessa cosa: chiarezza sul futuro di AtiSale. La Rappresentanza sindacale unitaria (Cisl, Cgil, Uil) torna a scrivere alla dirigenza aziendale e questa volta il passo è categorico: «Onorevoli e dovute dimissioni» dell’amministratore Domenico Di Nunno e: «un piano industriale di rilancio e una commissione che esamini la situazione economica». In salina a Margherita di Savoia da tempo si vive una situazione debitoria che ha portato alla firma del concordato preventivo, attraverso il quale si stanno liquidando i creditori, dando priorità ai creditori privilegiati. Questo i sindacati non è che lo abbiano accettato sin da subito a pieni voti, ma almeno gli stipendi alle maestranze sono rientrati in cima alla lista dei pagamenti. Però il timore che il futuro dell’azienda sia compresso, addirittura a causa di una: «speculazione», c’è ed è anche forte. «Gli operai – fa sapere la Rsu – vogliono conoscere per quali motivi non si vuole definire un piano industriale e di rilancio, oltre a chiedersi quali danni si celino dietro la manovra messa in atto dalla proprietà di AtiSale. Per queste ragioni la Rsu chiede che sia aperto immediatamente un tavolo tecnico attraverso cui illustrare fatturato, vendite, produzione, costi e ricavi per capire in che direzione stiamo andando».

Insomma le condizioni sono semplici: o viene spiegato ai lavoratori cosa si vorrà fare dell’azienda più importante del territorio, non fosse altro perché gestisce le saline più grandi d’Europa, oppure «ci saranno comunicati stampa che metteranno in luce la gravità dei fatti, accompagnati da scioperi che coinvolgeranno l’indotto intero e tutti i salinari». Uno stato di agitazione che, secondo i sindacati, nasce: «non da una crisi aziendale, di prodotto o di mercato, ma di stampo finanziario. Una crisi scaturita principalmente dell’amministratore Di Nunno che non ha fatto con la sua carica il buon padre di famiglia. Siamo noi a pagare le collaborazioni mancate da parte sua con banche e operai. Il risultato di tutto questo si riassume in: tensione sociale, decadimento culturale, degenerazione ambientale e distruzione logistica – strutturale. In questo momento noi chiediamo all’amministratore di dimettersi».