«In questo periodo tutti noi cittadini siamo a rischio di contagio da COVID-19, quindi anche se siamo privi di sintomi influenzali o se non siamo venuti a contatto con persone contagiate, dobbiamo considerarci tutti sospetti di essere venuti a contatto col virus. Le persone maggiormente a rischio, al momento, sono sicuramente gli Operatori Sanitari, gli Operatori delle Forze dell’Ordine e tutti i Lavoratori costretti a garantire i servizi indispensabili affinché il nostro Paese possa andare avanti con le restrizioni dei molti di rimanere segregati in casa con senso di responsabilità». Scrive così, in una nota, Domenico Spinazzola, Coordinatore Fp Cgil Bat e Arpa Puglia Area Medica.

«Il gioco di squadra di ogni cittadino, qualsiasi sia la sua funzione in questa partita, è fondamentale per vincere un nemico scaltro e subdolo nelle sue azioni invisibili, per cui non alimentare la diffusione del COVID-19, con la promiscuità, rimane l’azione difensiva migliore, in attesa che il mondo scientifico possa sferrare l’attacco giusto per sconfiggerlo.

Il rispetto delle regole date dal Governo nazionale e regionale è di estrema importanza per vincere: dal rimanere a casa per non esporsi al rischio d’infezione, dalle distanze di sicurezza di almeno un metro tra una persona e l’altra anche se fanno parte della stessa famiglia (ricordando che le droplet di uno starnuto può raggiungere gli otto metri), alle misure d’igiene personale e collettive della propria famiglia (ricordando di non indossare bracciali, orologi ed anelli per una buona detersione e disinfezione delle mani, di utilizzare asciugamani personali, come anche posate e bicchieri),  alle misure di protezione quando si potrebbe venire in contatto con persone infette o sospette, in ambito lavorativo, per uscire a fare la spesa oppure per assistere persone indigenti.

Tra le misure di protezione troviamo quelle di tutela respiratoria con l’utilizzo di idonei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.) conformi al Regolamento (UE) n. 2016/425, consistenti in mascherine filtranti del tipo FFP2 o meglio se FFP3, che vanno ad aggiungersi ad un corredo completo di camici/tute, visiere/occhiali, copri capo, guanti e copri scarpe per chi deve assistere persone infette.

In ambito occupazionale, ai sensi del D. Lgs. 81/2008, andrebbe anche assicurato l’addestramento per l’utilizzo dei DPI che sono di terza categoria, l’informazione circa il rischio da COVID-19 e la formazione sulle procedure da adottare, comprese l’organizzazione del lavoro tale da garantire idonee distanze tra i lavoratori e le attività periodiche di disinfezione delle postazioni ed attrezzature di lavoro.

Un allarme nell’allarme emergenziale da COVID-19 va lanciato sull’utilizzo di maschere filtranti non conformi alle norme di buona tecnica, soprattutto dopo l’entrata in vigore del D.L. 17/03/2020 n. 18 cosiddetto “decreto cura Italia”.

Utilizzare, infatti, delle maschere filtranti inidonee significa esporre maggiormente a rischio d’infezione le persone che le indossano con la convinzione di essere protette.

La confusione sulla conformità delle maschere filtranti si è avuta con l’entrata in vigore momentanea ed emergenziale del D.L. 17/03/2020 che all’art. 15 consente di produrre, importare ed immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni, visto l’enorme carenza di questi presidi importanti per proteggersi da questa infezione virulenta.

Dopo la suddetta norma v’è stata la corsa di aziende tessili e non a produrre mascherine filtranti, senza rispettare quelle che sono le norme UNI di buona tecnica che garantiscono l’idoneità del dispositivo ad eseguire la giusta azione filtrante ad evitare o far evitare l’infezione da COVID-19.

Tralasciando la buona o cattiva fede degli imprenditori che hanno avviato la produzione di maschere filtranti senza considerare la conformità alle norme UNI delle stesse, le sanzioni del caso ed il danno arrecato a coloro che le indossano pensando di essere protetti da un agente biologico, vengono riportate di seguito indicazioni che occorrono a comprendere quelle che sono le procedure del momento per produrre e commercializzare mascherine chirurgiche e Dispositivi di protezione individuale delle vie aeree respiratorie FFP2 ed FFP3 o degli occhi, del capo, del corpo e dei piedi.

Le mascherine chirurgiche sono dei presidi medici e non dei D.P.I., la norma cogente di riferimento è il D. Lgs. 46/1997 e s.m.i. ed il Regolamento (UE) 2017/745 (in pieno vigore dal 26/05/2020) e per fabbricarla deve essere rispettata la norma UNI EN 14683:2019 “Maschere facciali ad uso medico – metodi di prova”. Le caratteristiche principali delle suddette mascherine sono quelle di non diffondere agenti biologici pericolosi nell’atmosfera circostante ma non proteggono dal contagio derivante dall’esterno perché hanno poca aderenza al volto. Si dividono in tre tipologie: il tipo I filtra fino al 95%, il tipo II filtra fino al 98% ed il tipo III filtra il 98% con protezione da schizzi e fluidi corporei.

Le mascherine filtranti FFP2 e FFP3 sono dei D.P.I., la norma cogente di riferimento è il Regolamento (UE) 2016/425 e per fabbricarle deve essere rispettata la norma UNI EN 149:2009 “Dispositivi di protezione delle vie respiratorie – Semimaschere filtranti antipolvere – Requisiti, prove, marcatura”. Le suddette mascherine utilizzate in ambito lavorativo devono rispettare anche i dettami indicati dal D. Lgs. 81/2008 e parte dei riferimenti indicati nel D. Lgs. 475/1992.

Le maschere respiratorie della classe di protezione FFP2 hanno caratteristiche di protezione da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi dannosi per la salute ed in grado di causare alterazioni genetiche. Queste catturano almeno il 94% delle particelle che si trovano nell’aria fino a dimensioni di 0,6 μm e possono essere utilizzate quando il valore limite di esposizione occupazionale raggiunge al massimo una concentrazione 10 volte superiore.

Le maschere respiratorie della classe di protezione FFP3 offrono la massima protezione possibile dall’inquinamento dell’aria respirabile da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi tossici e dannosi per la salute, filtrando sostanze nocive cancerogene e radioattive e i microrganismi patogeni come virus, batteri e funghi. Queste catturano almeno il 99% dalle particelle con dimensioni fino a 0,6 μm e possono essere utilizzate quando il valore limite di esposizione occupazionale viene superato fino a 30 volte il valore specifico del settore.

Le mascherine mediche ed i D.P.I. vanno indossate adeguatamente, secondo le indicazioni del fabbricante coprendo bene il naso, la bocca e il mento. È necessario effettuare sempre l’igiene delle mani e l’igiene respiratoria. Assicurarsi che il viso sia ben pulito e rasato e che i capelli siano ben raccolti e senza accessori per la buona tenuta del respiratore. Il D.P.I. non riutilizzabile e la mascherina medica dopo l’uso deve essere smaltito in un contenitore per rifiuti appropriato e deve essere effettuata idonea igiene delle mani prima di indossare e dopo aver rimosso la mascherina. Quest’ultima deve essere comunque sostituita immediatamente se danneggiata, contaminata o umida.

Prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 18/2020 la produzione ed il commercio delle mascherine mediche e dei D.P.I. poteva avvenire esclusivamente con la marcatura CE previa verifica della certificazione da parte di un Organismo Notificato secondo le regole sopra esposte.

Attualmente e fino al termine dello stato di emergenza da COVID-19 (03/04/2020), i produttori, gli importatori ed i commercianti delle mascherine chirurgiche che intendono avvalersi della deroga prevista, inviano all’Istituto superiore di sanità una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’I.S.S. ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L’I.S.S. nel termine di 3 giorni dalla ricezione si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti.

I produttori, gli importatori ed i commercianti dei D.P.I. che intendono avvalersi della deroga prevista, invece, inviano all’INAIL un’autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi e dichiarano che gli stessi rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’INAIL ogni elemento utile alla validazione dei D.P.I. oggetto della stessa. L’INAIL, nel termine di 3 giorni dalla ricezione si pronuncia circa la rispondenza dei dispositivi di protezione individuale alle norme vigenti.

Qualora all’esito delle valutazioni da parte del I.S.S. e dall’INAIL, rispettivamente per le mascherine chirurgiche e per i D.P.I., i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore è fatto divieto di immissione in commercio.

Si raccomanda, dunque, le aziende del territorio di fabbricare maschere chirurgiche e D.P.I. FFP2 e FFP3 secondo le norme di buona tecnica e le procedure su esposte, onde evitare danni alla salute dei cittadini e relative sanzioni penali per frode in commercio, per attentato alla salute pubblica, per lesioni colpose od omicidio colposo. Per i cittadini che rincorrono la tanto sperata mascherina, si raccomanda di utilizzare solo all’occorrenza mascherine idonee, e non fatte con tessuti utilizzati per la biancheria intima che non servono a nulla, cercando di non creare sprechi inutili a danno di forniture importanti per gli Operatori sanitari».